L'Esposizione internazionale di marina e igiene marinara di Genova fu progettato dall’architetto Gino Coppedé e intendeva esaltare i progressi della civiltà italiana, sia nell’ambito dell’igiene, ovvero alle misure cautelari per garantire un miglioramento della salute dei cittadini, sia nell’ambito delle conquiste coloniali: Libia, Eritrea e Somalia.
L’evento fu realizzato in breve tempo e con un “budget” abbastanza ridotto. Nonostante alcune difficoltà di promozione, il risultato finale fu davvero apprezzabile per Genova. Coppedé lavorò a un’analogia tra il glorioso passato genovese, tra mare e colonie, e il glorioso presente, dove Genova e l’Italia erano nuovamente protagonisti con il mare ancora come centro di gravità permanente. Genova, con il suo porto e le sue industrie, una popolazione in costante aumento, diveniva centro propulsivo per la crescita della civiltà italiana, la cui missione di popolo colonizzatore aveva una duplice valenza: morale e politica.
Nell’enorme spianata tra la stazione di Brignole e piazza di Francia (oggi Piazza della Vittoria), si allestì l’esposizione con lo stadium, dove oggi vi sono i giardini di Brignole e l’area espositiva in Piazza di Francia. A collegare l’expo con il molo Giano, quindi ribadendo il legame tra l’esposizione e il mare, vi era la monorotaia Telfer, un unicum per l’epoca, a simboleggiare i progressi dell’uomo, del giovane stato italiano, all’avanguardia anche in campo tecnologico.
Nonostante il richiamo al progresso, come già detto, non ci si dimenticava del passato, come trait d’union per enfatizzare il ruolo di Genova, delle repubbliche marinare, che per prime esportarono nel mondo conosciuto le peculiarità, gli ingegni, le perizie tecniche di una nazione che ancora non si era fatta Stato. Coppedé lavorò quindi a un progetto che portasse a rivivere i fasti di un tempo che, con le dovute proporzioni, sembrava potersi replicare. Ecco quindi sorgere, una vera e propria cittadella medievale, con richiami alla recente vittoria contro l’Impero Ottomano in Libia, la presenza di cannoni sottratti al nemico e il ricordo dell’influenza genovese in quel di Costantinopoli, ai tempi dell’impero bizantino.
Il concetto dell’igiene, tra i principali temi trattati nell’esposizione, va inteso più a carattere generale, come quell’insieme di pratiche, di buone maniere, volte a preservare e migliorare la salute pubblica. E’ un tema molto sentito per l’epoca, in un tempo dove le condizioni igieniche nelle grandi città erano precarie. Il mare diventa una simbolica barriera contro il proliferare delle malattie, ma anche un vettore di trasmissione attraverso le navi, i commerci, gli spostamenti (si ricordi la peste nera del 1348 portata in Europa con l’ausilio di imbarcazioni genovesi). L’igiene è quindi quell’insieme di buone maniere che consentono all’uomo di vivere in salute. E non stupisce che uno dei padiglioni più pubblicizzati sia quello dedicato a “l’uomo”. Uomo visto come organismo, la cui ottimale funzione delle parti è influenzata dai comportamenti del singolo, tra cui spicca la necessità di una frequente attività fisica da espletarsi all’aria aperta. A ciò si deve la costruzione di un grande stadium, davvero imponente per l’epoca visto che poteva contenere circa 20.000 spettatori. Nel periodo dell’esposizione, lo stadio fu anche utilizzato per due partite del Genoa che disputava la Prima Categoria dell’Alta Italia.
Ad esaltare i progressi svolti in campo militare per il settore navale, si realizzò una riproduzione della corazzata Giulio Cesare, vanto della regia marina e dell’Ansaldo. I successi della marina mercantile trovarono spazio di esposizione, ricordando come il “Made in Italy”, fosse già esportato e richiesto in buona parte del mondo dell’epoca. La creazione di partner commerciali e i legami instaurati con le Americhe, dove la massiccia presenza italiana era catalizzatrice di grandi progetti imprenditoriali, determinò la nascita di una mostra italo-americana, inizialmente non prevista all’interno dell’expo.
L’Italia non solo diveniva esportatrice di merci, ma esportatrice di uomini, di capitale umano. Oltre alle diffusioni di usi e consuetudini del Belpaese in terra straniera, si esaltava l’ingegno e lo spirito di sacrificio dell’italiano, partito povero e arricchitosi con le proprie forze. L’arricchimento era bivalente, in virtù del fatto che l’apporto italiano, grazie alla massiccia emigrazione nei paesi americani, portò sviluppo anche ai paesi ospitanti. L’esposizione era quindi il modo migliore per approfondire i legami tra Italia e America, legami commerciali e culturali.
Non deve stupire la forte retorica e la propaganda nazionalista legate all’expo genovese, perché vanno contestualizzate in quel periodo storico. Da lì a poco, infatti, sarebbe scoppiata la Prima guerra mondiale, dove i sentimenti revanscisti, irredentisti avrebbero preso il sopravvento sul desiderio di neutralità. A ciò si deve, in parte, un calo delle visite all’expo, anche se il minor numero degli spettatori secondo le iniziative, probabilmente fu causato da una mancata campagna pubblicitaria.
In ogni caso l’esposizione internazionale fu un evento indimenticabile per Genova, dove le gaudenti speranze del presente si scontrarono con un futuro a tinte fosche. Malgrado tutto, poco rimase dell’expo. Lo stadium, la monorotaia, tutto venne smantellato da lì a pochi anni, rendendo effimera l’esperienza genovese. Effimera, ma non dimenticata.
Ludovico Maria Chierici, con i suoi scatti, documenta l'Expo del 1914 in ogni sua fase, dalla costruzione dei padiglioni, all'inaugurazione da parte dei Reali, all'apertura al pubblico.